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L’adattamento alla crisi climatica è un processo lungo e necessario. E a Rimini abbiamo visto che funziona, e come.
A Rimini di adattamento climatico se n’è parlato, e molto. E non solo durante le plenarie o i panel tecnici dell’Ecca 2025 – la European climate change adaptation conference – ma anche camminando per le strade della città. Mentre l’Europa fa i conti con eventi meteorologici sempre più estremi, ciò che è emerso con forza da questa edizione è che il mondo della ricerca e una buona parte di quello delle istituzioni sta lavorando per progettare risposte concrete. Dalle aree costiere alle città, dai trasporti all’energia, fino al coinvolgimento diretto dei cittadini: l’adattamento non è più un tema marginale, ma una priorità strategica per il futuro.
Uno dei messaggi centrali lanciati da Ecca 2025 è che l’adattamento non può essere calato dall’alto. “Serve un patto di fiducia tra scienza e società”, ha detto durante la giornata inaugurale il presidente del Cmcc Antonio Navarra. “L’adattamento è una maratona, non uno sprint”. La plenaria inaugurale della conferenza – ospitata dalla EU Mission on Adaptation to Climate Change – ha messo in luce le testimonianze di chi lavora ogni giorno sul campo: dalla città di Marsiglia all’autorità idrica dei Paesi Bassi Rijn & Ijssel, passando per numerosi progetti europei che uniscono dati scientifici, politiche locali e partecipazione. La sensazione? È che la fuori ci siano troppe Cassandre che parlano senza aver contezza. Certo non è tutto certo, sicuro, d’altronde la scienza è incerta per definizione.
Tra i temi più discussi, quello delle soluzioni basate sulla natura (Nature-based solutions) per rafforzare la resilienza delle aree costiere. Dal caso della laguna di Venezia al progetto Rest-Coast, passando per esempi in Toscana, Croazia e Belgio, i partecipanti hanno riflettuto su cosa rende efficaci queste soluzioni e come replicarle in contesti diversi. Silvia Torresan del Cmcc ha raccontato come il recupero delle praterie sommerse e delle barene lagunari sia oggi al centro di un progetto che integra modellistica climatica, dati reali e coinvolgimento delle comunità.
Strumenti avanzati come il Digital twin of the coastal ocean, presentato da Giovanni Coppini, hanno mostrato come la tecnologia possa supportare decisioni rapide ed efficaci. Questo “gemello digitale” permette di simulare l’impatto di barriere, zone umide o infrastrutture costiere sull’erosione e la qualità delle acque. E non solo in Europa: Cmcc sta applicando questo approccio anche in contesti vulnerabili come il Golfo di Guinea e il Bangladesh, dove il monitoraggio low-cost e la citizen science stanno diventando strumenti essenziali.
Non serve guardare lontano per vedere l’adattamento in azione. Basta affacciarsi su piazza Kennedy a Rimini, dove si nasconde uno dei progetti idraulici più innovativi d’Italia. Tutto nasce da un evento estremo: l’alluvione del 2011, quando in 48 ore caddero oltre 1.300 metri cubi d’acqua su un solo ettaro, provocando l’esondazione del sistema fognario e portando liquami nel centro della città. Da allora, la città ha scelto di non limitarsi a riparare, ma ripensare radicalmente la gestione delle acque.
Nasce così il Piano di salvaguardia della balneazione ottimizzato (Psbo): 14 cantieri, 154 milioni di euro investiti e un obiettivo ambizioso – mare sempre balneabile e pulito entro il 2024. Il cuore del sistema è proprio sotto piazza Kennedy, dove a 40 metri di profondità sono state realizzate due vasche colossali, capaci di contenere complessivamente quasi 40.000 metri cubi d’acqua piovana. Un sistema intelligente di raccolta e trattamento, dotato di filtrazione a carboni attivi per eliminare i cattivi odori, e connesso al depuratore di Santa Giustina, che tratta le acque reflue di oltre mezzo milione di persone, comprese quelle del vicino Stato di San Marino.
Sopra queste infrastrutture, due belvedere architettonici integrano l’impianto nel paesaggio urbano, restituendo alla città uno spazio pubblico vivibile, bello e resiliente. Un caso di scuola, tanto che Rimini è stato incluso nel rapporto “Città verdi e circolari” dell’organizzazione italo-latino americana IILA e di Symbola, come esempio di buona pratica urbana nel settore idrico.
Un altro pilastro emerso da è il ruolo fondamentale della partecipazione dei cittadini. “Un’azione funziona solo se è condivisa”, ha sottolineato la ricercatrice Paola Mercogliano. “Quando le persone comprendono cosa si sta facendo e perché, sono più propense a sostenere e mantenere le misure nel tempo”. Ecco che il progetto Adaptation AGORA, co-finanziato dall’Unione europea, lavora proprio su questo: creare una road map per coinvolgere cittadini e stakeholder, offrendo strumenti di formazione, spazi di dialogo e una piattaforma per la condivisione di buone pratiche.
Coinvolgere le persone, soprattutto quelle più vulnerabili, non è solo giusto: è efficace. Serve però finanziare questo coinvolgimento e usare linguaggi diversi per parlare a studenti, giornalisti, comunità locali, anziani. Anche per combattere la disinformazione climatica, che resta una barriera enorme per la partecipazione.
Tra gli annunci di rilievo, il rilancio del Citizen energy package, promosso dalla Commissione europea. L’obiettivo è mettere i cittadini al centro della transizione energetica, con strumenti concreti per le comunità energetiche, la riqualificazione edilizia per chi vive in povertà energetica, e un piano di formazione per lavoratori e tecnici. Come sottolineato dalla vicedirettrice generale Mechthild Wörsdörfer durante la prima giornata, si tratta di un pacchetto giusto, equo e inclusivo, che punta a rafforzare l’autonomia energetica delle famiglie europee.
ECCA 2025 ha lasciato un messaggio chiaro: l’adattamento climatico è una sfida, certo. E la risposta non può che essere sistemica, partecipata e scientificamente fondata. Dai dati ai territori, dalle tecnologie all’inclusione sociale, l’Europa – nonostante tutto – continua a essere un laboratorio di soluzioni.
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